Giuseppe Culicchia inaugura “Velletri Libris”: letteratura e cittadini riempiono il Chiostro della Casa delle Culture
17 Giugno 2017Federico Moccia a “Velletri Libris”: “Sono uno scrittore che nasce dal pubblico”
26 Giugno 2017Per Velletri Libris un altro pienone: dopo l’ottimo afflusso di pubblico nel primo evento della rassegna letteraria nazionale con Giuseppe Culicchia, in tanti hanno occupato le sedie del Chiostro della Casa delle Culture per la presentazione della professoressa, giornalista e scrittrice Michela Marzano. L’amore che resta è il primo romanzo della docente di Filosofia Morale, dopo tante pubblicazioni di stampo saggistico, ed affronta una serie di tematiche difficili ma allo stesso tempo attualissime. L’attento pubblico è stato completamente incantato dall’eloquio fluido e coinvolgente della scrittrice, capace di parlare dritto al cuore dei presenti pur senza rinunciare a mostrare le proprie fragilità e i propri difficili trascorsi. Il libro, infatti, parte dall’esperienza personale di un tentato suicido e racconta la storia di una ragazza, Giada, che decide di togliersi la vita. La vicenda viene ripercorsa dai ricordi struggenti della madre, assalita dai sensi di colpa e dagli interrogativi che una simile tragedia porta con sé: “Sono molto felice di essere a Velletri – ha esordito la Marzano – e piacevolmente sorpresa per il gran numero di persone accorse in questo posto incantevole nonostante sia lunedì”. Poi, sollecitata dalle domande sempre puntuali e mai banali di Ezio Tamilia, si è passati alla letteratura: “Questo romanzo è una fiction, perché non sono nessuno dei personaggi inseriti, ma chiaramente un pezzo di me è presente in tutti. Per comprendere come sia nato questo libro bisogna ritornare a Volevo essere una farfalla: è lì che ho iniziato ad esternare come l’essere apparentemente realizzata e raggiungere il successo non sempre coincide con una felicità interiore”. La Marzano, citando Georges Canguilhem, ha suffragato questa tesi affermando che dietro il successo sociale spesso si nasconde uno scacco esistenziale, quel distacco tra l’essere e il dover essere. Dalla finzione alla realtà, la scrittrice ha rievocato i suoi venti anni di psicanalisi, i problemi di anoressia, confessando a cuore aperto le sensazioni provate: “Mi ero praticamente persa di vista, per corrispondere le aspettative altrui ho dimenticato le mie. Questo libro nasce allora come un’urgenza, risponde alla voglia di scrivere quello che avrei voluto mia madre leggesse se il mio suicidio non fosse fallito”. Una questione delicatissima, quella toccata in L’amore che resta, anche perché la protagonista Giada si pone sempre la stessa domanda: viene accettata in quanto persona, con tutti i suoi pregi e i suoi difetti, o in quanto figlia adottiva? L’allegoria del puzzle, gioco preferito della ragazza ma anche ossessione quando mancano i pezzi per completarlo, è un altro tratto fondante dell’opera. Ma Michela Marzano ha saputo spaziare da un autore all’altro, con la sua cultura e la sua preparazione, toccando con parole semplici temi fondamentali e comuni a tutti. “Il dolore di Giada – ha affermato l’autrice – è dentro di ognuno di noi. Credo che la metafora più bella della condizione umana sia quella espressa da Camille Claudel in una lettera a suo fratello, quando dice che ‘c’è sempre qualcosa di assente che ci perseguita’. L’amore stesso non sempre completa, spesso le mancanze provocano dei diverbi e dei dissidi interiori, e non è semplice neanche ascoltare poiché significa accettare la possibilità di mettersi in discussione”. La riflessione che emerge da un primo impatto con le righe, sentite, dei passi letti dalla Marzano è quella di una grande consapevolezza esistenziale, dettata dal vissuto della scrittrice, che abbraccia tutte le discipline, dalla psicanalisi all’onomastica: “Pensateci – ha detto la docente romana alla platea veliterna – non c’è un termine nel dizionario che indica un genitore che perde un figlio. È qualcosa di innaturale, e da qui scaturisce l’incapacità di dire che caratterizza Daria dopo il suicidio di Giada. Il percorso della madre, però, è in discesa perché dai ricordi devastanti riesce a trovare un punto d’appoggio per accettare nuovi affetti”. La letteratura non si discosta dalla realtà e infatti la Marzano, parlamentare del Gruppo Misto, ha affrontato l’argomento delle adozioni ricordando la cosiddetta legge di “accesso alle origini” che consente ai figli adottivi di cercare i propri genitori biologici. La sua proposta, impantanata nella burocrazia statale, avrebbe una forte valenza sociale: “Queste sono le mie idee, per coerenza sono uscita da ogni schieramento per rispettare la mia coscienza. Credo fermamente, come accade nel romanzo, che vedere rigettata la possibilità di conoscere la propria madre o il proprio padre naturale sia un doppio rifiuto. Il messaggio che voglio dare, nel romanzo come nella vita, è che alla fine ognuno, a modo suo, si salva da solo”. Tamilia, che ha dialogato con la scrittrice dandole l’opportunità di parlare diffusamente sia della propria esperienza personale che di quella letteraria, ha chiesto quanto sia stato difficile immedesimarsi nel ruolo di madre. “Molto – ha risposto la Marzano – è stata una doppia sfida perché volevo incarnare un ruolo che non ho, purtroppo, e mettermi al posto di mia madre se fosse stata chiamata a questo dolore estremo. Ma ho anche fatto un grande lavoro per narrativizzare il tutto, senza paura di toccare il dolore”. Le aspettative dei genitori sui figli, i sogni e le oppressioni, questo e molto altro compone il denso contenuto de L’amore che resta. Michela Marzano ha concluso una presentazione di altissima qualità, contraddistinta da chiarezza espositiva e padronanza degli argomenti passati in rassegna, con due riflessioni importanti di stampo letterario ed esistenziale: “Scrivere questo libro è stata una bella esperienza – ha constatato – raccontare consente di andare oltre la razionalità che un saggio impone, si riesce ad esprimere molto di più il non razionale aggirando gli ostacoli. In definitiva, è come se avessi scritto che oltre ogni protezione, ogni aiuto e ogni àncora bisogna saper accettare la sofferenza che la vita spesso presenta. Ecco perché alla fine il senso di colpa di Daria si scioglie. Nulla può evitare la sofferenza, ma tutto si può affrontare”. L’ultima domanda ha riguardato proprio la madre: come ha reagito leggendo? “Ha pianto – ha dichiarato Michela Marzano – ma sono state lacrime che hanno fatto bene”. Una vera lezione di vita e letteratura, come è costume per una donna competente in materia di Filosofia Morale ma soprattutto attenta a non perdere il contatto con la realtà esplorando a fondo l’animo umano con le sue mille pieghe. Per “Velletri Libris” un altro appuntamento di successo, nella sognante atmosfera del Chiostro della Casa delle Culture e con le degustazioni offerte dai partner dell’evento. La rassegna proseguirà spedita, ma con un piccolo cambio di programma: una seria indisposizione di Lucinda Riley, che in esclusiva internazionale aveva posto Velletri tra le sue tre date italiane, ha costretto l’organizzazione ad annullare l’appuntamento di giovedì. “Per rispetto nei confronti dell’autrice – ha detto l’ideatore della rassegna Guido Ciarla – non abbiamo accettato di sostituire Lucinda Riley, ci proponiamo di riaverla a Velletri non appena sarà uscita dall’ospedale”. Prossimo appuntamento dunque domenica 25 giugno, alle ore 21.00, con Federico Moccia che presenterà Tre volte te, un corposo romanzo che si preannuncia ricco di sorprese.
Rocco Della Corte