Gran pienone per Maria Grazia Calandrone e il suo ultimo romanzo “Magnifico e tremendo stava l’amore”
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15 Luglio 2024Nell’ambito della rassegna letteraria “Velletri Libris” la scrittrice e poetessa Maria Grazia Calandrone ha presentato il romanzo “Magnifico e tremendo stava l’amore”, edito da Einaudi. La abbiamo intervistata prima della presentazione.
Il suo romanzo è la storia di un caso di cronaca nera che diventa narrazione-indagine. Perché proprio questa storia?
La scrittura è partita in realtà da un’ossessione. Nel 2013 ho visto una puntata di “Storie maledette”, con Franca Leosini, e spesso vengono narrate storie particolarmente toccanti. Quella di Luciana Cristallo lo era, per quello che è lei, per come lei si pone, e per il modo in cui ha completamente smontato la mia immaginazione della vittima. Io avevo un’idea totalmente diversa di come fossero le vittime. Poi ci sono delle coincidenze con la storia di mia mamma Lucia: il fiume Tevere, la violenza domestica… questa vicenda, insomma, mi ha ossessionato per molti anni, avevo scritto già un poemetto ma non era abbastanza e ho deciso di estendere la narrazione.
Ha lavorato su atti processuali, testimonianze, voci, implicazioni psicologiche, parole… una materia complessa, come la si organizza?
Una materia complessa, sì, e per di più sterminata. Sono stati sette anni di processo, c’era un armadio pieno di faldoni e spesso i documenti ripetevano domande, risposte. Ma a colpirmi è stata la narrazione di Luciana, l’unica insieme ai figli e alla madre di Domenico. La sua narrazione è sempre stata estremamente emotiva.
Questo le ha consentito di caratterizzare psicologicamente il personaggio?
Essendo stata una narrazione così emotiva non ho fatto difficoltà a immaginare cosa sentissero le persone, gli attori di questa storia che è una tragedia greca in piena regola. Comincia nel 1982 con il loro incontro, nel 1983 c’è il matrimonio, nel 2004 l’epilogo peggiore che si possa immaginare.
È vero che questo libro, alla fine, ha sorpreso anche lei? In che senso?
Nel senso che, sinceramente, quando ho cominciato a scrivere ero sicura che avrei preso posizione per Luciana. Era lei che subiva violenza e che a un certo punto ha avuto la forza di ribellarsi. Ma studiando, indagando e paradossalmente indagando la figura di Domenico attraverso le parole di lei mi è arrivata addosso una tale valanga d’amore, di compassione e di intelligenza di questa persona che mi è arrivata la parte buona. Alla fine è una storia dove i confini tra bene e male non sono assolutamente definiti, non c’è un mostro, un carnefice o una vittima che si distinguono chiarament. Direi che è tutto un miscuglio di bene e male tra Luciana, Domenico, perfino Santina, la madre di Domenico.