Velletri Libris ha preso il via: subito boom di pubblico con il concerto di benvenuto e Giampiero Mughini
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21 Giugno 2018Custode di un enorme patrimonio culturale, fra libri e oggetti di ogni tipo, Giampiero Mughini è un personaggio molto noto nel panorama italiano e non solo, sia a livello televisivo che letterario. Proprio di opere ne ha scritte molte, tra cui La ragazza dai capelli di rame, Il grande disordine e altre. Con Che profumo quei libri Mughini ha voluto omaggiare il libro in sé, nell’epoca dell’imperante diffusione di una cultura telematica che spesso si sostituisce al cartaceo, e raccontare la sua biblioteca ricordando gli autori anche meno noti e trascurati. In un’intervista rilasciata in esclusiva per “Velletri Libris”, il giornalista romano ha descritto così la genesi e il messaggio della sua ultima opera.
Giampiero Mughini, come è nata l’idea di scrivere un libro che è un omaggio al libro, degno argomento per inaugurare una rassegna che parlerà di letteratura a trecentosessanta gradi?
Per me è la cosa più semplice del mondo. I libri, sin da quando ero ragazzo, e anche adesso, sono l’aria che respiro, il sangue che circola nelle mie vene, la conformazione della mia anima: tutto quello che so del mondo. Di più che devo dire?
Una domanda forse scontata vista la prima risposta: si può essere mai sazi della letteratura e della lettura in generale?
No, per fortuna no. Ogni libro che finisci ti lascia la voglia di leggerne un altro, almeno per ciò che mi riguarda. Ovviamente non vale per tutti, ma assolutamente non si è mai sazi.
Secondo quello che emerge nel suo volume, e anche in virtù del modo di trattare gli argomenti, il libro è una sorta di oggetto “sacro”?
Per me sì, certamente. Per molti non italiani non lo è affatto… Io ho pietà intellettuale per loro, ma lo accetto.
Se dovesse rivolgersi a chi non ha questa concezione?
A queste persone non si può dire molto, perché a mio avviso non c’è un linguaggio comune tra chi legge e chi non legge ed è anche inutile pensarlo. Se una persona non legge non la si recupera in questo modo.
In questo ragionamento, lei nel libro opera una contrapposizione tra il cartaceo e il digitale. Nella generazione dei nati con lo smartphone, come colloca i giovani e il loro approccio con la lettura?
Purtroppo i giovani vivono un momento della nostra civiltà in cui hanno a disposizione strumenti cosiddetti digitali che sono formidabili e che talvolta, non sempre e non necessariamente, uccidono i libri. Se mi occorre trovare una notizia sul digitale la trovo immediatamente, per cui non si può non dire che è uno strumento utile. Ma chi crede che questo strumento possa sostituire la lettura, intesa una volta, fa del male a se stesso.
Lei attua quindi un netto distinguo fra l’informazione e l’arte letteraria. Profeticamente parlando, a suo avviso chi vincerà?
Per ciò che riguarda i libri non ci sarà gara tra i libri e il digitale. Vincerà la carta. Sui giornali, sono d’accordo, è diverso e forse è naturale che sia così.