Massimiliano Ossini fa respirare l’ottimismo della vetta al pubblico di “Velletri Libris”
6 Luglio 2019Una domenica nello spazio a “Velletri Libris” con Umberto Guidoni
7 Luglio 2019“Kalipè” non è solo il titolo del libro ma anche un vero e proprio motto di vita per Massimiliano Ossini. Il giovane ma affermato conduttore televisivo e giornalista, alle prese con la sua prima esperienza editoriale, in una intervista rilasciata all’ufficio stampa di Velletri Libris ha spiegato la sua concezione della montagna, le sue prime esperienze in vetta e la forte carica emotiva contenuta nel libro (Rai Libri Edizioni).
Massimiliano Ossini, sei partito per raccontare la montagna e hai finito per raccontare te stesso…
L’idea era inizialmente quella di raccontare il territorio della montagna, partendo dalle persone che lo vivono per arrivare all’economia. Volevo dare una mano ai paesi che si stanno spopolando. Però sarebbe forse diventato un racconto troppo semplice. In realtà, scrivendo, sono nate nella mia testa due vette: una fisica, che ho scalato, e una interiore, che mi ha portato a scoprire una parte di me intima, sommersa, nascosta. Conoscendo questi aspetti di me ho superato dei limiti, ho capito quante volte anziché aprirci ci chiudiamo all’altro e non viviamo ma sopravviviamo alla giornata. Non abbiamo un obiettivo da raggiungere, puntiamo troppo a programmare senza vivere il quotidiano. Per me, quindi, la montagna ha rappresentato una ascesa fisica da sportivo e una discesa/ascesa interna grazie alla quale scavo dentro di me.
Nel libro si percepisce molto il concetto della ricerca di sé, della tendenza alla felicità: è questo lo spirito della montagna?
Lo spirito della montagna secondo me si trova andando a cercare il silenzio. Il silenzio è a mio avviso un metodo con cui hai la possibilità di conoscere e ascoltare te stesso. Paradossalmente, poi, aiuta anche a parlare e capire le altre persone: accende i sensi che avevi spento, per cui non dobbiamo leggerlo e tradurlo come facciamo abitualmente. Mi piace ricordare il concetto di silenzio lanciato da Giovanni Paolo II quando era sulle vette ad ascoltare la natura: significa riaprirsi al mondo, ricominciare ad emozionarsi a tutto, sentire anche il profumo diverso della neve che cambia in base alla stagione.
Qual è stata la tua prima esperienza in alta quota?
Sin da piccolo ho avuto contatti con la montagna. Vivevo in Abruzzo, in provincia di Chieti, tra i monti di Valle del Sole. Non facevo vere e proprie scalate, il mio primo contatto con la roccia è stato agli scout. Mi sono sempre più appassionato e innamorato all’agricoltura montuosa, agli animali allo stato brado. Poi c’è stato un periodo in cui il fuoco si è spento, ma la passione si è riaccesa fortemente quando ho iniziato “Linea bianca” nel 2014.
Intervista a cura di Rocco Della Corte