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14 Luglio 2020Una ragazza in mutande sul pianerottolo, tanti pensieri bizzarri e inconcludenti, un lavoro che continua fruttare solamente insuccessi. L’avvocato Vincenzo Malinconico, nato dal genio letterario di Diego De Silva, questa volta è ad un banco di prova difficile. Si trova, infatti, suo malgrado a dover riconsiderare i valori davvero importanti e coglie l’occasione, tramite la maestria del suo creatore, per abbattere dei luoghi comuni ed affrontare con sagacia, realismo e amara ironia un ostacolo non insormontabile ma capace di fargli ampliare orizzonti e prospettive senza retorica alcuna. Abbiamo parlato con Diego De Silva de “I valori che contano (avrei preferito non scoprirli)”, edito da Einaudi, in una chiacchierata breve e stimolante.
Diego De Silva, partiamo dalla copertina. Una bellissima grafica con dei colori che attirano…
Il colore blu lo ho voluto io, un altro tipo di colore come ad esempio il nero mi sarebbe sembrato troppo funesto.
Come cresce l’avvocato Vincenzo Malinconico dopo questa esperienza maturata nell’ultimo romanzo?
Come cresce non lo so, lo sapremo con il prossimo libro. Posso dire invece come la affronta: credo con estremo realismo. Soprattutto affidandosi ai medici, che è la cosa più importante.
Anche in questo libro non ha rinunciato a personaggi fortemente caratterizzati e dinamici. Uno su tutti è quello della ragazza che viene definita come una specie di bomba che entra nella vita del protagonista. Che tipo è?
Semplicemente ho pensato che la figlia del primo cittadino potesse essere una ragazza che rivendica il diritto di fare del suo corpo quello che vuole. Questo, però, non come forma di polemica verso il padre ma proprio come rivendicazione della proprio senso della libertà. Un senso della libertà che è completamente diverso da quello di suo padre. La giovane non vuole confliggere con lui, però rappresenta un esempio nettamente opposto ai canoni paterni.
Il titolo è già una dichiarazione letteraria fortemente evocativa: con l’esperienza narrata nel romanzo, Malinconico riesce ad individuare e fissare questi valori?
Questo è un titolo anti-retorico, che vuole mettere in discussione la “trombonata” secondo cui in occasione della malattia si riscrive la gerarchia dei valori. Non che questo non sia vero, anzi, però riflettiamo sul fatto – e Malinconico lo fa – che se dobbiamo aspettare di ammalarci di tumore per dare un valore alla vita siamo messi molto male…
Il suo protagonista, tipicamente comico e umoristico, vive un evento chiaramente tragico. Come si sposano queste due modalità nella narrazione?
Sono due modalità che possono sempre andare insieme. Del resto se proviamo a frequentare persone malate lo si capisce. In una corsia di ospedale o in un reparto oncologico insieme alla tragedia c’è la grande capacità del senso dell’umorismo.
Forse, in fondo, è un collegamento naturale…
Certamente, è anche l’unica cosa che ti tiene in piedi. Trovare il ridicolo nelle situazioni peggiori. Credo che sia naturale perché il contrario diventerebbe controproducente sul piano psicologico.
Intervista a cura di Rocco Della Corte