“Come il mare in un bicchiere” è un libro definito dalla stessa autrice un quaderno e non un diario. Forse perché scritto rispondendo ad un’esigenza precisa e spontanea, che non ha tenuto conto di un genere narrativo preciso bensì alla sostanza, al contenuto, alla riflessione. Chiara Gamberale, con questa nuova pubblicazione, ci regala un’altra arma per riflettere su quello che accade a noi e nel nostro mondo. In questa breve intervista rilasciata per l’ufficio stampa di “Velletri Libris” l’autrice ha approfondito alcuni aspetti.
Lei ha specificato una differenza sostanziale, quella tra diario e quaderno. “Come il mare in un bicchiere” è più un quaderno. Perché questa forma?
Perché è comunque un libro. Sono delle riflessioni a metà tra il saggio e il diario. Ho voluto riflettere sul mondo attraverso me stessa, e per questo dico “quaderno”. Di solito do più tempo agli eventi per evaporare dentro di me e trasformarsi in una storia. Invece, questa volta, mi è sembrato quasi di scrivere a matita… Ho scritto mentre la storia accadeva, non ho aspettato: avevo bisogno della compagnia della scrittura, per capire e anche per capire di non poter capire.
È emerso proprio il fatto che tutto sia stato scritto in contemporanea: non si è data, dunque, la possibilità di pensarci troppo alle cose…
Sì, esattamente. È un lavoro più sentimentale, di riflessione. Credo che poi si debba sempre pensare, ma per me è stato molto importante scrivere subito. Ho voluto pubblicare queste pagine proprio per bloccare quel periodo. Quando qualcosa di così grande ci travolge rischiamo di dimenticare quelle emozioni, belle e brutte, in cui c’era qualcosa di nostro.
Fra le riflessioni e le annotazioni riportate nel libro, c’è qualche passaggio in cui crede di essere stata troppo spontanea, a rileggersi, e che magari a freddo non avrebbe inserito?
No, anzi è l’inverso. Ogni tanto mi comporto in una maniera che non mi piace e voglio essere all’altezza delle emozioni di quel libro. Le riconosco tutte, semmai mi dispiace proprio per il fatto che a volte le sto un po’ tradendo.
Nell’incipit di un capitolo rimanda alla situazione emergenziale come uno stimolo in più per ripartire in maniera diversa dal punto di vista umano e sociale. Al momento l’aveva ritenuta una possibilità concreta, oggi che siamo ripartiti invece che opinione ha?
Sono perplessa, un po’ smarrita e spaventata. Non vorrei che avessimo bisogno di una nuova lezione. Mi piacerebbe che adesso che ricominciamo ad essere incerti, dopo un paio di mesi in cui abbiamo pensato che tutto fosse finito, ci fosse prudenza. Non mi rassegno al fatto che si possa restare uguali a prima quando qualcosa di grande ci travolge, sia a livello personale, sia sociale, come sta capitando adesso.
Intervista a cura di Rocco Della Corte
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