L’Italia che vale è di tutti i colori: a “Velletri Libris” le storie di un Paese che guarda avanti con Valentina Bisti
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26 Agosto 2020Dal telegiornale e dagli studi Rai alla carta stampata: Valentina Bisti, con la pubblicazione di “Tutti i colori dell’Italia che vale. Storie da un Paese che guarda avanti” ha vinto una scommessa, quella di valorizzare le storie emotivamente più forti, traslandole dalla telecamera al libro. Un’impresa riuscita, utile e necessaria per capire che i veri modelli da seguire non sono altrove, né tantomeno distanti, bensì si possono trovare vicino a noi e spesso si edificano dalle difficoltà più forti. Nell’intervista rilasciata all’Ufficio Stampa di “Velletri Libris”, l’autrice ha approfondito questi e altri aspetti.
Perché l’Italia “che vale”, una formula immediata per il titolo del libro?
“L’Italia che vale” per due motivi: “vale” è il diminutivo di Valentina e “vale” perché queste storie vale la pena raccontarle. Sono storie che ho scelto perché mi hanno suscitato emozioni e ho ritenuto che il racconto dei protagonisti, della propria vita, delle proprie difficoltà e infine del superamento di momenti difficili potesse essere di aiuto e spronare le persone. Mi sono messa nei panni di chi vive un momento complesso e ho pensato che magari tali vicende riescono a suscitare una positività interiore che una persona agitata in quel momento non pensa nemmeno di avere.
Come ha ben detto sono storie che suscitano emozioni. La resa emotiva con la forma scritta è superiore o inferiore alla televisione, considerata la differenza in cui si divulga?
Assolutamente superiore con la forma scritta. In televisione hai comunque una telecamera, devi essere attenta all’espressione, ai tempi televisivi. Invece nel libro puoi ragionare, fermarti, tornare indietro con la mente e tirare fuori le tue emozioni senza paura delle telecamere che in qualche modo ti costringono.
Ci sono delle storie che avrebbe voluto inserire e che magari inserirà in un’edizione allargata, o aggiornata, del libro?
Sì, ma ho pensato che la mia carriera ancora prosegue e incontrerò persone nuove che sapranno suscitarmi emozioni nuove. Magari non solo persone ma situazioni, momenti che devo raccontare al paese o situazioni che destano degli interessi particolari. Tutto questo senz’altro potrebbe far parte di un nuovo libro.
Veniamo al giornalismo, lei conduce il Tg1 ed è una professionista dell’informazione da anni. Oggi cosa deve fare un aspirante giornalista?
Studiare tantissimo, essere curioso, leggere i giornali ogni giorno, guardare i tg e soprattutto capire quale può essere il filone che più gli interessa: carta stampata, televisione, internet. Dopo bisogna buttarsi, seguire un corso di giornalismo o cominciare con il giornalismo di quartiere, come ho fatto io. Poi piano piano…
I ragazzi in età scolastica, che rappresentano le generazioni del futuro, si informano correttamente a suo avviso? O non si informano?
I giovani purtroppo sono molto distratti, vedo che si aggrappano a notizie che noi reputiamo subito errate; dovrebbero formare un po’ una coscienza attraverso mezzi d’informazione diversi da quelli che sono abituati a conoscere. Il problema non sono solo i social, basta saperli utilizzare. Se segui i quotidiani o le agenzie ti fai una nozione, se invece ti fai prendere da notizie buttate lì ti perdi. Secondo me i giovani vanno instradati.
I social hanno abbattuto il principio di autorità nel mondo dell’informazione, vista la facilità con cui un articolo privo di fondamento può diventare virale?
È questo il problema, i social devono essere utilizzati nel modo corretto come tutte le cose. Ci sono medicinali infallibili che in caso di abuso fanno male. Se si riesce a capire che quell’informazione è data da un influencer di poco conto e senza autorità lo si può leggere tranquillamente per curiosità. Ma non ci si crea una coscienza, né ci si fa influenzare.
Intervista a cura di Rocco Della Corte