“Scoperte e rivelazioni. Caccia al tesoro dell’arte” (La Nave di Teseo) è l’ultima fatica letteraria del professor Vittorio Sgarbi. Un prezioso documento che prende in esame una miriade di opere, rinvenute in luoghi tutt’altro che noti, e le mette in collegamento con correnti pittoriche, autori, periodi artistici ricollocandole al proprio posto nell’enorme mosaico della storia dell’arte. Per Sgarbi il lavoro del critico è più quantitativo che qualitativo: è fondamentale, infatti, conoscere tante opere per poterne poi “riconoscere” altre ancora. Questo libro, definito dallo stesso professore e sottosegretario alla cultura come “liberatorio”, fa luce su tantissime bellezze dell’Italia meno conosciuta.
Lei dice che è qualcosa di magico – per un critico d’arte – ricercare l’identità e l’anima di un autore o un’autrice il cui un dipinto non presenta molti dati. Come si svolge questa ricerca apparentemente protesa verso l’ignoto?
È una ricerca che nasce come un’espressione inevitabile del mestiere che ti porta davanti a opere che per molti anni rimangono incomprensibili e sono perlopiù misteriose. Occorre allora capirne l’autore, e in tal senso l’attività critica non è solo ricostruire una storia che i documenti consentono di rintracciare, ad esempio l’opera di Giotto o Leonardo o Botticelli. È anche lavorare su opere che presentano difficoltà di lettura e interpretarne il significato, cioè la rivelazione, e l’autore, quindi la scoperta.
In che modo si procede in questa attività e quali basi servono per portarla a termine?
Si procede attraverso l’attribuzione ad artisti di opere che hanno mantenuto la loro enigmatica riservatezza, e che sono rimaste per molto tempo non chiarite o che appaiono all’improvviso. L’attività di ricerca di uno storico dell’arte si pone davanti a problemi che si risolvono solo tramite una serie di conoscenze determinate dall’esperienza e legate all’identificazione dei caratteri stilistici di un autore.
Una curiosità: come sono arrivate le scoperte contenute in questo libro, si è seguito un criterio o sono state tutte casuali?
Ovunque, nei musei, in giro. Già entrando in una pinacoteca si trovano dipinti di artisti la cui identità è alcune volte chiara e altre volte no. La quantità del patrimonio e l’attività degli artisti, che è sconfinata, consentono di muoversi in un territorio misterioso che ha bisogno di identificazioni. Il processo è dunque legato al viaggio, a un viaggio in Italia non primario, nel senso che non va a toccare Venezia, Firenze, Roma Napoli e così via ma altre località – tra cui Velletri – e consente di vedere nelle chiese opere che attendono solo di essere studiate fino in fondo, confrontate con altre, valutate con attenzione. Il materiale è la realtà, il materiale è la storia.
Intervista a cura di Rocco Della Corte per Velletri Libris.
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