Sold out per Sigfrido Ranucci a “Velletri Libris”: il coraggio della professione e il valore di una scelta
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29 Agosto 2024Nell’ambito della rassegna letteraria “Velletri Libris” il giornalista e scrittore Sigfrido Ranucci ha presentato il libro “La scelta”, edito da Bompiani. Lo abbiamo intervistato prima della presentazione.
“La scelta” è un libro che racconta il Ranucci pubblico e quello privato. Quando ha compiuto la scelta di scriverlo?
Tutto nasce dall’idea di scrivere un libro che, in qualche modo, mettesse insieme la mia vita privata e quella pubblica. L’idea si è concretizzata quando mi è stato regalato un origami da una passeggera, compagna di viaggio, che quando sono andato alla presentazione dei palinsesti Rai nel 2017 per la prima volta come conduttore. Questa signora ha assistito alle mie telefonate di lavoro, con i colleghi, in cui si parlava di inchieste e alla fine ha preso il menù di carta del ristorante di Italo e ha confezionato questo splendido origami che è in quarta di copertina. E mi ha detto “tenga, lei deve volare alto, perché vede cose che altri non vedono, però come tutti i grandi uccelli non è programmato per camminare e allora saltella quando è costretto a cimentarsi con certe cose”. Ho avuto la percezione che avesse intuito la mia fragilità e a quel punto ho coltivato l’idea di scrivere un libro dove dovevo saldare un debito col pubblico, e rivelare il Sigfrido Ranucci intimo e segreto che la gente non conosceva.
Da una parte c’è l’affetto del pubblico che le dà motivazioni e la spinge a continuare, dall’altro emergono però i tanti rischi e le tante rinunce che comporta svolgere questo mestiere. C’è un equilibrio, alla fine?
Intanto devo dire che mi sento un privilegiato a fare un lavoro che mi piace e che giudico il lavoro più bello del mondo. Penso che il ruolo del giornalista di inchiesta sia importantissimo in questo momento, in particolare perché abbiamo bisogno di pastori maremmani. Abbiamo bisogno di persone che indicano la strada nel momento di complessità.
Nel libro c’è una metafora particolare che spiega questa missione del giornalista?
Sì, la metafora del jazzista cieco che a un certo punto si trova ad attraversare la strada, a Manhattan, e aspetta una buonanima che gli dia una mano. Sente una mano sulla spalla, ma in realtà è un altro cieco che pensava di fare la stessa cosa. A quel punto il jazzista prende coraggio, attraversa la strada, ed è l’esperienza più eccitante della mia vita. Cosa volevo dire? Che secondo me il giornalista nei momenti di necessità deve indicare la strada perché ha il privilegio, rispetto al pubblico, di poter leggere i fatti e capirli e interpretarli.
Oggi la categoria dei giornalisti è abbastanza tutelata dalla legge e dallo Stato?
No, non è tutelata, è una categoria ad alto rischio, viene in qualche modo vessata dal punto di vista economico perché tanti colleghi lavorano per 6 o 10 euro ad articolo e non è stato applicato l’equo compenso che ci chiede l’Europa, non è stata approvata una legge che eviterebbe le querele bavaglio e la querela o la richiesta di risarcimento danni diventano strumenti di pressione di politici, imprenditori e criminali per non far esercitare il proprio lavoro ai giornalisti.
Come deve porsi un giornalista di fronte a una situazione tanto sfavorevole?
Servono giornalisti indipendenti nell’anima, prima di tutto. E che siano coraggiosi, che abbiano soprattutto il desiderio, ancora, di essere i cani da guardia della democrazia poichè è un ruolo molto complicato e molto faticoso, molto insidioso, se pensi che oggi ci sono 270 giornalisti sotto tutela e 22 sotto scorta…
Intervista a cura di Rocco Della Corte