Amèlie Nothomb, Cristo e la “Sete” di bellezza: un’altra grande serata a “Velletri Libris”
20 Luglio 2020Intervista ad Angelo Di Liberto: “Il romanzo ‘Sete’ dona una consapevolezza nuova sulla figura di Cristo”
21 Luglio 2020Il romanzo “Sete” (Voland Edizioni) dà una versione nuova e rinnovata della passione di Cristo, accentuando il carattere umano del protagonista. Un personaggio, quello di Gesù, definito dall’autrice estremamente adatto alla letteratura. In questa intervista per “Velletri Libris” Amèlie Nothomb ripercorre le tappe della scrittura del libro, soffermandosi su alcuni punti cruciali che ben descrivono l’apparato narrativo.
Partiamo da una definizione data al suo romanzo, quella di “preghiera urlata”. La approva? La condivide?
(Sorride, NdA) È geniale! Direi proprio che è geniale! In Francia nessuno ha usato questa definizione, che invece credo sia la migliore possibile per descrivere il lavoro fatto durante la scrittura di questo libro. Viva gli editori italiani!
C’era quindi un’intenzione del genere, alzare la voce mantenendo però un livello di “preghiera” nella narrazione?
Sì, assolutamente. “Sete” è un libro che io porto dentro di me da tanto tempo… quindi quando l’ho scritto c’era veramente un’intenzione di preghiera urlata, di esprimere quello che c’era dentro di me.
La fragilità dell’essere umano emerge molto nell’identificazione con Cristo. Su cosa si basa un narratore per entrare in tali pieghe dell’animo con un simile protagonista?
C’è stato bisogno che io leggessi tantissime volte i Vangeli e che me ne appropriassi in maniera totale. Ho anche letto altri libri come “Il Vangelo secondo Gesù Cristo” di Josè Saramago, “L’ultima tentazione di Cristo” di Nikos Kazantzakis, il “Vangelo secondo Pilato” di Éric-Emmanuel Schmitt. Da queste letture ho rafforzato la mia convinzione sul fatto che Gesù sia un eccellente e straordinario eroe di romanzo, un ideale personaggio principale per un romanzo, e questo già da moltissimo tempo.
Andiamo nel dettaglio: c’è un passo del libro in cui lei, in relazione a Cristo, utilizza l’espressione “maledettamente vivo”. Un concetto ossimorico?
Non è una contraddizione perché Gesù, in quel momento, si trova in una situazione in cui sente di aver portato a termine il suo contratto. Solo quando sarà morto, tuttavia, il suo contratto sarà effettivamente terminato. Per lui dunque essere vivo, sentirsi ancora così vivo, è una maledizione.
Intervista a cura di Rocco Della Corte
Si ringrazia Daniela Di Sora per la traduzione simultanea.