A dialogare con Amèlie Nothomb ci ha pensato Angelo Di Liberto, giovane e affermato scrittore tra i più noti e apprezzati nel panorama editoriale. Non poteva esserci miglior relatore, poiché il dibattito – impreziosito dalle letture di Silvia Ciriaci e Arianna Zuccaro del Circolo dei Lettori – è stato estremamente stimolante ed è andato in profondità, consentendo al numeroso pubblico di fare un viaggio nel libro e fuori da esso, alla ricerca della consapevolezza, termine chiave individuato da Di Liberto nella brevissima intervista concessa a “Velletri Libris” dopo la presentazione.
Ha consigliato molto spesso questo romanzo, invitando il pubblico a leggerlo: perché?
Perché sai quanto io sia affezionato alla parola “consapevolezza”. “Sete” dona una consapevolezza nuova sulla figura di Cristo, ed è come se la donasse ad ognuno di noi. Nel senso che lo sguardo di Amèlie sulla figura del Cristo è nuovo, rinnovato e profondamente consapevole. Questo Cristo sente profondamente e tristemente la sua condizione di umanità. Andare così a fondo nell’incarnazione e nella percezione dell’umano potrebbe essere da stimolo anche per coloro che non guardano parti di sé: attraverso l’assoluta spontaneità e sincerità del Cristo possono finalmente guardare alle loro parti inesplorate.
In un punto preciso del romanzo, Cristo dice di sentirsi “maledettamente vivo”. Come commenteresti, sia a livello letterario che a livello tematico, l’espressione in quel contesto?
Usa questa espressione perché dice che più si è incarnati e più si è vivi. Fa anche un paragone con Giuda arrivando a far dire a Cristo che Giuda si comporta così perché è uno dei meno incarnati tra gli uomini. Se fosse cosciente e profondamente incarnato, sicuramente si comporterebbe in modo diverso.
È come se lo giustificasse?
No, direi che ne prende atto. Comprende il motivo e capisce profondamente in un’analisi introspettiva di Giuda, analisi ripetuta per tutti i personaggi, le sue istanze profonde. Il fatto di percepirsi così in profondità è espressione di vita.
Intervista a cura di Rocco Della Corte
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