Gran pienone per Ascanio Celestini a “Velletri Libris”
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25 Luglio 2024Nell’ambito della rassegna letteraria “Velletri Libris” lo scrittore e attore Ascanio Celestini ha presentato il libro “Storie di uno scemo di guerra”, edito da Einaudi. Lo abbiamo intervistato prima della presentazione.
“Storie di uno scemo di guerra”: il titolo ha un qualcosa di proverbiale e noto…
In generale io cerco di dare dei titoli, alle storie che scrivo o che porto in scena, che siano in qualche maniera siano già un po’ conosciuti dal lettore e dallo spettatore. Non comincio proprio da zero e questo vale anche per “Fabrica”, “Pecora nera”, “Scemo di guerra”, “Laika”, Pueblo”, “Rumba”. Mi interessa che risuoni già un po’ nella testa di chi se lo trova davanti anche senza aver letto neanche una pagina o ascoltato un solo minuto dello spettacolo.
E i personaggi di queste storie che risuonano già nella testa di lettori e spettatori hanno qualcosa in comune?
Questi personaggi sono un po’ tutti scemi di guerra, è come se fossero capitati per caso dove sono. A pensarci in realtà i professionisti della guerra generalmente non la fanno, la fanno fare agli altri.
Il racconto è tratto da una storia vera, quella di suo padre, ma poi si spinge più lontano… quanto c’è di vero nel libro e quanto invece è processato dalla fantasia?
La storia che ha raccontato mio padre forse di vero ha poco, ma non perché io l’abbia cambiata. Quello che lui narrava è presente, ma dentro a questo racconto ce ne stanno molti altri. Sicuramente comincio dalla storia di mio padre, e anzi la genesi del libro è stata lunga perché Einaudi mi proponeva di pubblicare qualcosa di mio e io ero a lavoro su “Fabrica” per Donzelli, nel 2002. Dopo il loro pressing ho dato diverse idee su racconti che potevano essere interessanti, fino a quando di ritorno dal Festival di Mantova gli ho scritto una lettera in cui ho ammesso di voler raccontare la storia di mio padre.
Un racconto molto ben circoscritto a livello di tempo e spazio.
Sì, sono quattro giorni del 1944, quando mio padre venne via dal Cinema Iris a Porta Pia insieme a mio nonno e arrivarono a piedi fino al Quadraro. E questo è tutto vero. All’interno poi ci sono altre storie altrettanto vere, che però ho preso da altri. La storia del rastrellamento del Quadraro si raccontava molto nella mia famiglia, però buona parte delle informazioni, a parte quelle storiche, le ho prese attraverso Sisto Quaranta, uno dei rastrellati del 17 aprile 1944, tornato via a fine guerra.
Dalla realtà però sono nate anche invenzioni letterarie?
Ci sono anche cose che io ero convinto mi avessero raccontato, e che invece ho trasfigurato o non compreso, tanto che Sisto Quaranta leggendo il libro riguardo ad alcune storie mi chiese come me le fossi inventate.
C’è una coesistenza fra i fatti storici e le testimonianze orali, in una sorta di equilibro delle componenti?
Io dei pochi studi di antropologia che ho fatto ho rubato l’uso della ricerca sul campo e la raccolta delle fonti orali. Il terreno orale ci potrebbe far restare a parlare per dieci giorni, però l’utilizzo semplificato della tecnica delle interviste mi aiuta. C’è l’incrocio di sguardi, nel parlare con un intervistato. La differenza tra me e un antropologo è che l’antropologo ha la finalità di ricostruire un tessuto culturale, io ho una finalità unica che è trovare una bella storia.
Intervista a cura di Rocco Della Corte
Foto di Artemisia Moletta