Luca Bianchini e i suoi “Baci da Polignano”: famiglia, amore, ironia nella presentazione a “Velletri Libris”
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27 Luglio 2020In una serata esilarante e stimolante, Luca Bianchini ha raccontato il suo romanzo “Baci da Polignano” consentendo ai lettori di entrare in contatto tangibile con i suoi personaggi. Le dinamiche del libro, così vere perché collocate nella vita di tutti i giorni, ben si prestano alla comprensione e all’identificazione di chi si immerge nelle pagine dell’autore. L’intervista, a cura della sempre impeccabile Aurora De Marzi, ha messo in luce proprio questo aspetto. Simpatia, valore letterario e profonda coscienza della propria opera: questo è emerso dall’intervista breve che Luca Bianchini ha rilasciato a “Velletri Libris”.
I personaggi li abbiamo già incontrati in “Io che amo solo te”, adesso tornano dopo diverso tempo. Sono cresciuti? E sono cambiati?
Sono passati sette anni dalla prima volta, quindi c’è chi ha compiuto i 60 anni, chi ha vissuto profondi cambiamenti. Direi che a non essere cambiati sono i sentimenti. Si è invece evoluta la tecnologia intorno a loro, c’è un diverso corteggiamento e fa sorridere il fatto che si spiino per vedere se l’altro è on line su whatsapp. Ai tempi di “Io che amo solo te” non c’era ancora questa ossessione. La tecnologia non sempre aiuta l’amore.
Come scrittore si trova meglio quando deve scrivere dei passi sentimentali o è più a suo agio sul versante ironico, considerando che “Baci da Polignano” li contiene entrambi?
L’ironia è la mia parte prediletta, ma la scrittura sentimentale mi viene bene. Quella ironica è più difficile perché è una sfida. Il romantico, invece, se sai scrivere bene consiste nel sorprendere il lettore per cui le scene romantiche che non sono mai tante una devono avvenire in maniera sempre diversa. Ad esempio qui ce n’è una in un supermercato. Dopo dieci romanzi in cui c’è sempre l’amore la sfida è chiedersi: dove li faccio baciare? Con il romanticismo sotto la luna abbiam già dato!
La famiglia in questo romanzo è una fonte di ironia, ma lei ha detto “Ognuno fa la famiglia con quello che ha”. Qual è l’immagine di famiglia che si restituisce con la lettura di questo libro?
Le famiglie alla fine aggiustano sempre tutto, la famiglia italiana è molto più pratica per cui in qualche modo te la risolve sempre la problematica. Passa sopra, fa finta di non vedere quando sa come stanno le cose, presta dei soldi, chiude un occhio, dà una mano. La famiglia italiana è uno dei beni da proteggere di più, secondo me davvero è una grande risorsa.
Da proteggere perché è in pericolo o in generale?
No, non è in pericolo, i valori familiari sono solidi, così come la Chiesa. Oggi è complicato trovarne una di famiglia che resista al tempo, questo sì. La gente non ce la fa a promettere amore eterno.
Quanto tempo ha impiegato nella scrittura di questo romanzo? Qual è la sua tecnica di scrittura?
Un capitolo al giorno e una pagina all’ora, e nel frattempo cucino. Per la prima stesura ci vogliono un paio di mesi, poi almeno altri due per lavorare il testo e revisionarlo.
“Io che amo solo te” è stata una sceneggiatura di successo per il cinema. Visto il precedente, nella scrittura di “Baci da Polignano” ha già visualizzato trama e personaggio con un’ottica filmica?
No, non mi interessa mai pensare al cinema perché se avessi ragionato in termini cinematografici non avrei scritto in questo modo. Secondo me devi ragionare per quella che è la scrittura, cioè un budget illimitato, con il quale puoi andare ovunque. Hai tutto. Non ho fatto calcoli di questo tipo.
Intervista a cura di Rocco Della Corte